Logo del Partito Democratico (via Wikimedia Commons) |
Il 17 settembre l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi ha annunciato la sua decisione di lasciare il Partito Democratico (Pd), una mossa che ha profondamente alterato gli equilibri di forze all'interno del parlamento e nel panorama politico italiano.
"Mi dispiace e penso che sia un errore dividere il partito, ma al tempo stesso credo che ora il nostro compito sia molto chiaro: è quello di portare nel futuro il Pd," ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti.
Secondo il fondatore di YouTrend e Agenzia Quorum Lorenzo Pregliasco, il nuovo partito di Renzi sarebbe di natura centrista, e punterebbe a prendere voti di elettori di centrodestra e di centrosinistra, rivolgendosi in particolare a "una fascia mediana di età" e "un pezzo di elettorato che è quello delle professioni, del lavoro autonomo, dei dipendenti più istruiti."
La scissione di Renzi pone dei quesiti importanti sul futuro del Pd. Se viene a mancare una parte importante della componente centrista, il Pd si sposterà a sinistra? E se così fosse, gli elettori centristi abbandonerebbero il partito, ridimensionandolo?
Da elettore di sinistra, credo che il Pd farebbe un errore se rincorresse Renzi o il centro. L'errore di abbandonare i valori di sinistra per non alienare una presunta maggioranza "moderata" è stato un enorme sbaglio della sinistra degli ultimi decenni. La natura del Pd deve essere di sinistra, e questa componente ideologica non deve essere più vista come una sorta di imbarazzo o reliquia storica di un'epoca trascorsa, ma come un fondamento morale e programmatico di cui essere orgogliosi.
Con il 22% dei voti alle scorse elezioni europee, il Pd è ad oggi un partito di minoranza. La sua ambizione, però, dovrebbe essere quella di diventare la prima forza in parlamento. Come può il Pd rilanciare la sinistra, entusiasmare la gente, dare risposte ai bisogni dei cittadini?
In questo articolo farò tre proposte su come il Pd possa raggiungere questo obiettivo. Il Pd deve:
1) difendere con determinazione valori di sinistra, cioè di progresso economico a beneficio di tutti e non solo di una minoranza;
2) creare un insituto di studi economici per controbilanciare il dominio ideologico del neoliberismo, collaborando con rinomati economisti di idee progressiste, provenienti da tutto il mondo, e coinvolgendo i partiti di sinistra europei in un progetto di consolidamento intellettuale degli ideali di progresso e giustizia sociale;
3) coinvolgere i cittadini attraverso la trasformazione delle sedi di partito in luoghi di incontro, di studio e di discussione, in cui i membri del partito possano inoltrare proposte alla dirigenza.
Analizziamo questi punti in modo più dettagliato.
1) A partire dagli anni ottanta dello scorso secolo, uno dei più grandi errori della sinistra è stato quello di cedere terreno alla destra, spostandosi sempre di più verso posizioni centriste e addirittura di moderato neoliberismo. Questo è un fenomeno che non si è verificato solo in Italia, ma in molti Paesi del mondo, in particolare negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania.
L'atteggiamento passivo della sinistra deve terminare. Bisogna che essa difenda i propri valori e li traduca in politiche chiare, in grado di entusiasmare l'elettorato. Quali, secondo me, siano i valori di sinistra, l'ho brevemente spiegato in un altro articolo.
2) Il Pd, in collaborazione con altri partiti di sinistra sia italiani che europei, dovrebbe fondare un istituto di studi economici di matrice progressista, che sia in grado di formulare politiche economiche e di diffondere il pensiero economico di sinistra nei circoli accademici e nell'opinione pubblica.
Uno dei problemi della sinistra europea è la mancanza di un blocco organizzato di voci di economisti progressisti che possano assistere la politica nel formulare programmi economici e diffondere idee progressiste con autorevolezza.
Negli anni settanta la destra americana iniziò un movimento ideologico reazionario con lo scopo cambiare il discorso politico.
Nel suo libro sul neoliberismo, David Harvey descrive il neoliberismo come "una teoria di pratiche politiche ed economiche basata sull'idea che il miglior modo per raggiungere il benessere umano consista nello sprigionare le libertà e le abilità imprenditoriali individuali all'interno di una struttura istituzionale caratterizzata da forti diritti per la protezione della proprietà privata, liberi mercati e libero scambio." (David Harvey: A Brief History of Neoliberalism, 2007, p. 2, mia traduzione).
Il neoliberismo propone il ridimensionamente delle funzioni dello Stato al minimo indispensabile, persegue politiche a favore delle corporazioni e l'imprenditoria, e demonizza lo Stato sociale. Le idee neoliberiste, però, non godevano di grande popolarità negli anni settanta.
Nel 1971 Lewis Powell inviò un memorandum confidenziale alla Camera di commercio degli Stati Uniti. Powell, un giudice nominato come membro della Corte Suprema statunitense da Richard Nixon, sosteneva che vi fossero forze all'interno della società opposte al sistema della libera imprenditoria, e che esse dovessero essere contrastate.
"La forza," Powell scrisse, "risiede nell'organizzazione, nell'attenta pianificazione a lungo termine e la realizzazione [dei propri piani] ..." Powell credeva che la Camera di commercio dovesse attaccare e successivamente conquistare le università, le scuole, i media, l'editoria e il sistema giudiziario, per cambiare la percezione della realtà dell'opinione pubblica.
Il "memorandum di Powell" coincise con un periodo di attivismo ed organizzazione delle corporazioni per influenzare l'opinione pubblica attraverso il sistema di istruzione, i media e la magistratura. Nel 1972 gli amministratori delegati di alcune corporazioni, che producevano circa la metà del reddito nazionale lordo degli Stati Uniti, fondarono la "Business Roundtable", un'organizzazione che si proponeva di conquistare "il potere politico a favore della corporazione." Le corporazioni fondarono o finanziarono gruppi di "esperti" (think-tanks) fra cui si trovano: Heritage Foundation, Hoover Institute, the Center for the Study of American Business, American Enterprise Institute etc. Queste istituzioni, che esistono ancora e sono molto influenti, sono mascherate da organizzazioni "neutrali", ma in realtà il loro scopo è quello di diffondere un'ideologia e di influenzare la politica e l'opinione pubblica. (ibid., p. 43).
Il neoliberismo divenne l'ideologia non solo dei governi di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, ma anche di importanti organizzazioni internazionali come il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca mondiale (Bm). Le politiche di austerità, ad esempio, sono un prodotto dell'ortodossia neoliberista.
Secondo l'economista statunitense Joseph Stiglitz, l'austerità, "promossa in tutto il mondo dal Fmi e dalla Bm, ha causato un quarto di secolo perduto in Africa, un decennio perduto in America latina, e una transizione dal comunismo all'economia di mercato nell'ex Unione sovietica e l'Europa dell'est che fu, come minimo, una delusione."
Riguardo alle recenti politiche di austerità in Europa, Stiglitz commenta che l'austerità "ha sempre e dovunque causato il tipo di contrazione economica osservata in Europa: maggiore è l'austerità, maggiore la contrazione economica." (Joseph Stiglitz: The Euro: And its Threat to the Future of Europe, pp. 8, 18, mia traduzione).
La sinistra, invece di organizzarsi per combattere le idee del neoliberismo, ne è stata travolta, incapace di articolare un'alternativa. Spesso la sinistra si è semplicemente arresa, accettando una versione edulcorata del neoliberismo, che però ne contiene i principi fondamentali.
E' giunto il momento che la sinistra formuli le proprie teorie economiche in maniera chiara e aggressiva, senza cedere un millimetro al neoliberismo.
La sinistra, se veramente vuole essere la protagonista di una nuova stagione politica, non può essere intrappolata nel provincialismo e nel perenne desiderio di compromesso con l'avversario politico.
Un modo in cui la sinistra può riconquistare l'opinione pubblica è la creazione di un istituto di ricerca che si ispiri agli ideali di progresso economico a beneficio di tutti e non solo di pochi.
L'istituto di ricerca, finanziato esclusivamente con contributi individuali che non eccedano un importo massimo, deve offrire una piattaforma per economisti progressisti, fra cui, ad esempio, Chang Ha-joon, Heiner Flassbeck, Joseph Stiglitz, Erik Reinert, e molti altri. Esso deve essere suddiviso in dipartimenti, indipendenti l'uno dall'altro, che facciano ricerca, pubblichino studi, e propongano politiche da sottoporre ai partiti.
Il Pd potrebbe creare un meccanismo interno di cooperazione con l'istituto, attraverso il quale le proposte dei team di economisti vengono messe al voto dei propri iscritti; inoltre, gli iscritti al partito potrebbe presentare, previa la raccolta di un numero di firme prestabilito, le loro proposte alla dirigenza, che poi le potrebbe sottoporre agli economisti per verificarne la praticità e la finanziabilità.
L'istituto avrebbe poi lo scopo di formare una nuova generazione di economisti che si ispirino agli ideali di crescita economica, uguaglianza, solidarietà, pieno impiego, e progresso condiviso. La creazione di un tale istituto riporterebbe inoltre l'Italia al centro del dibattito economico europeo e mondiale.
La sinistra italiana non può puntare né sulla ricerca di un leader carismatico né su programmi economici vaghi. Essa deve invece costruire una nuova visione per l'assetto socio-economico del Paese e del continente, basato sulla migliore tradizione dell'economia progressista.
3) Il Pd, come altri partiti, ha perso il contatto con la gente. In parte, ciò è dovuto alla vaghezza ideologica del Pd, di cui ho parlato sopra. In parte, però, il distacco della politica dalle masse è il risultato della mancanza di punti istituzionali di dialogo e mobilitazione. Per ovviare a questo deficit, le sedi del Pd dovrebbero essere trasformate in luoghi di studio, incontro e dibattito. Esse potrebbero contenere biblioteche e altri servizi per il pubblico. Inoltre, vi si potrebbero organizzare assemblee, nelle quali si potrebbero mettere al voto le proposte del partito e dell'istituto economico, o in cui si potrebbero raccogliere firme per inviare proposte alla dirigenza. Inoltre, si potrebbero organizzare seminare per educare la gente alle idee di sinistra, e spiegare perché le idee di sinistra beneficiano la maggioranza dei cittadini. Insomma, le sedi del Pd dovrebbero diventare come dei club, in cui gli iscritti possano trovare una seconda casa, un luogo accogliente e intellettualmente stimolante, e in cui il pubblico non di sinistra possa conoscere i valori e le politiche di sinistra.
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